Una insostenibile leggerezza

Giganti dal volto umano sono le statue che si dispongono attorno all’obelisco di Domiziano, nella Fontana dei Fiumi di Gian Lorenzo Bernini (1651).

Sono quattro personificazioni di altrettanti fiumi, ad indicare ognuno un Continente dei cinque della terra: Nilo (Africa), Gange (Asia), Danubio (Europa), Rio della Plata (America).

Chi manca? L’Oceania, ovviamente, poiché al tempo di Bernini non era ancora stata scoperta: bisognerà infatti attendere la spedizione di James Cook del 1770 per parlare di Australia.

I giganti di pietra si atteggiano ciascuno in una posa diversa e animano la scena fatta di acqua e di simbologie, anche molto colte, riconducibili alla cultura neoplatonica e alla sapienza egizia e caldea, filtrate attraverso le conoscenze del gesuita e umanista Athanasius Kircher, operante in quegli anni a Roma.

Ciò che colpisce il nostro occhio, oggi, è tuttavia la forza espressiva e il movimento di questi corpi scolpiti eppure morbidi nelle curve imperiose dei profili, nella teatralità dei gesti che tante leggende hanno suggerito. Come quella celeberrima del contrasto tra Bernini e l’architetto della prospicente chiesa di Sant’Agnese in Agone, Francesco Borromini, la cui facciata sarebbe stata al tal punto orribile a vedersi da costringere il Nilo a coprirsi la testa con un drappo!

In realtà, ciò che il fiume nascondeva era la propria sorgente (all’epoca ancora ignota) e non la vista, peraltro di qualcosa che non c’era poiché la facciata fu costruita solo in seguito (1652).

Così anche il gesto del Rio della Plata, che quasi si schernisce al cospetto dell’architettura di Borromini, va letto piuttosto come un plastico distendersi sulle rocce disseminate di monete che ne evocano l’argenteo colore. E, semmai, può suggerire alla nostra sensibilità moderna l’insostenibile leggerezza del cielo di Roma, della sua grande bellezza che sovrasta, ma non schiaccia.