Capitolo III: Attilio il nonno

Roma, 23 agosto 2017

“Guardi, si sieda qui, senza problemi. Almeno si riposa un attimo”.
Il custode gli indicò con garbo la panchetta, accompagnando il gesto con un sorriso bonario.
“Sono quasi 94, sa? Gli anni, intendo; mica pochi!”
“Ma complimenti allora, se li porta proprio bene”.

® Mimmo Frassineti

Era molto orgoglioso di sfoggiare la sua età e capitava spesso di averne l’occasione. Ma quel pomeriggio ad Attilio pareva che avessero organizzato una festa tutta per lui là dentro, al terzo piano del Museo di Roma appena riallestito.
Tutto era un ricordo vivido per lui: le strade demolite dal piccone di Mussolini erano immagini quotidiane della sua infanzia, quando a Roma i bambini come lui giocavano in strada con quello che capitava. Non c’erano palloni di cuoio, né biciclette, né altro. Ci si accontentava di una palla di carta e stoffa, di un barattolo da far rotolare a calci, o anche solo di un tappo con cui giocare a sottomuro.
Guardava i filmati dell’Istituto Luce e non riusciva a trattenere l’emozione, tanto limpidi erano i ricordi di quei giorni. Sentì quasi sfiorare la sua spalla da una carezza, un soffio propriamente, e subito gli tornò alla memoria il nonno e quella mano ruvida e callosa che gli stringeva la sua, camminando di buon passo per i vicoli di Borgo. Il nonno sapeva tante cose e le raccontava con tono pacato e voce profonda. Ogni fontanella, ogni angolo nascosto non avevano segreti per lui. Ora quelle stesse immagini correvano in bianco e nero sulla parete della sala, mentre Attilio rincorreva con gli occhi e con il cuore le emozioni di allora, cercando quella voce e gli odori che riempivano le strade di Roma: il pane appena sfornato della sora Nina, il martello di Giuseppe il ciabattino, la risata di Franca la fioraia.
Guardava e riguardava, cercando con gli occhi un fotogramma che ritraesse proprio loro due, mano nella mano, un giorno qualunque di quel tempo. Sembrava un miracolo quel posto, una stanza della memoria in cui tornare indietro per un po’. Attilio si commosse e sentì forte il desiderio di ringraziare chi aveva realizzato questo sogno.
Avrebbe lasciato scritto qualcosa nel libro dei commenti, che aveva notato in fondo alle scale, entrando.
(continua)