Le parole del rito

Roma, 4 aprile 2018

Esistono terminologie ormai desuete, che sfuggono cioè alla comprensione delle generazioni più giovani e forse anche a gran parte di coloro che in realtà hanno superato da un pezzo l’età dell’adolescenza e della prima maturità.

litografia a colori di Antoine Jean Baptiste Thomas, Fedeli in piazza San Pietro per la benedizione pasquale, 1830

Spesso tali parole si accompagnano a riti ed usanze non più seguite – e per questo dimenticate – che tuttavia rimangono in qualche misura nel nostro lessico, magari prive del loro significato originario eppure presenti nella più ampia sfera del cosiddetto immaginario diffuso.

Non ci stupisce che il nostro John Staples, irlandese di nascita e protestante di famiglia, non conosca il significato del termine in albis riferito alla prima domenica dopo la Santa Pasqua. Ma voi, italianissimi amici, lo sapete?

La tradizione parte da lontano, dai primi tempi del Cristianesimo, quando era usanza battezzare i nuovi adepti nel giorno di Pasqua, festa per eccellenza dei cristiani, e vestirli di una tunica bianca che essi avrebbero dismesso solo dopo una settimana dalla ricezione del Sacramento, nella prima domenica seguente appunto.

Da qui la definizione di domenica in albis depositis o deponendis ad indicare appunto il giorno in cui si deponevano le vesti bianche.

La tradizione si è protratta fino al Concilio Vaticano II, quando la dizione è cambiata in ‘seconda domenica di Pasqua’; fino ad arrivare al pontificato di Giovanni Paolo II che, nell’Anno Giubilare 2000, ha introdotto anche la denominazione di ‘domenica della Divina Misericordia’.