Memoria olfattiva
Roma, 27 febbraio 2019
Immaginiamo per un attimo di ritrovarci nel passato, di essere nati due secoli fa a Roma
Quale potrebbe essere la prima sensazione a colpirci? Sicuramente l'odore!
A differenza di vista e udito, infatti, che si rivolgono all'emisfero sinistro del nostro cervello, il codice olfattivo opera in profondità in quanto gli stimoli, prima ancora di venire codificati razionalmente, vengono immediatamente elaborati dall'emisfero destro del cervello. Studi recenti dimostrano che le persone mediamente ricordano circa il 5% di ciò che vedono e appena il 2% di ciò che sentono. Al contrario, riusciamo a ricordare ben il 35% di ciò che annusiamo.
Senza contare che la memoria visiva perde il 50% della propria intensità dopo appena 3 mesi, mentre i ricordi legati alla sfera olfattiva perdono solamente il 20% della propria potenza anche dopo un anno.
Tra i molti racconti di Roma, ce ne sono alcuni scritti da illustri viaggiatori che suggeriscono percorsi olfattivi, “a narici aperte”, nei quali essenze e profumi – ma anche spiacevoli olezzi – dettano il ritmo delle emozioni.
Stendhal, percorrendo via del Corso, diceva di sentire l'odore di "cavoli marci e cenci" provenienti dalle chiese.
I figli dei gentiluomini inglesi che venivano a fare esperienze in Italia alla fine del 700, proprio come il nostro John Staples, avevano a Roma il loro centro d' incontro a Trinità dei Monti e presso le vie adiacenti, tanto che il rione veniva chiamato Quartiere degli Inglesi, in concorrenza con la zona spagnola verso il Quirinale e la zona francese sul Pincio.
Estimatori dell'Italia dal punto di vista archeologico e paesaggistico, essi erano molto critici verso gli Italiani, che mettevano a confronto con gli antenati della Roma imperiale traendone un giudizio simile a quello che un archeologo potrebbe concepire oggi dal confronto tra un faraone dell'antico Egitto e un venditore di frutta egiziano dei nostri giorni. Tra i molti fattori di discredito, l’odore delle strade mal curate e piene di rifiuti a cielo aperto rappresentava certamente un elemento prioritario nel giudizio negativo sulla città e sui suoi abitanti. E dall’odore, il discredito si allargava fatalmente a tutta la situazione politica in generale, fino a tracciare il profilo antropologico di un intero popolo.
Ne è un esempio Goethe che, durante il suo secondo viaggio nel 1790, ebbe a dire: "L'Italia è ancora come la lasciai, ancora polvere sulle strade, ancora truffe al forestiero, si presenti come vuole. Onestà tedesca ovunque cercherai invano, c'è vita e animazione qui, ma non ordine e disciplina; ognuno pensa per sé, è vano, dell'altro diffida, e i capi dello Stato, pure loro, pensano solo per sé".