Storie di uomini e di santi
Roma, 31 luglio 2019
Il nostro caro John si fa davvero troppi scrupoli, talvolta. Probabilmente la sua provenienza straniera o il suo pensiero protestante lo rendono diffidente oltre misura, quando si parla di Santi.
E in questo certo non si discosta molto da certi nostri connazionali che, per varie ragioni, ritengono lontane da sé e del tutto prive di appeal le storie di uomini e di donne che in questa terra si sono guadagnati gli “onori degli altari”.
Ma forse possiamo guardare alla prospettiva storica e agiografica di questi “campioni della fede” con un occhio più moderno e vicino alla nostra dimensione laica dell’esistenza; un occhio che sappia riconoscere il valore spirituale di alcune scelte umane a prescindere dagli orizzonti del sacro e del dottrinale, che ovviamente contano in una visione di Fede.
Quando pensiamo ad Ignazio di Loyola, ad esempio – di cui si celebra proprio oggi (31 luglio) il dies natalis - è facile restare ‘schiacciati’ dal magistero intellettuale dell’autore degli “Esercizi spirituali” e pensare al carattere militaresco di un Ordine, ai cui vertici i religiosi vengono denominati “generali”.
Tutte considerazioni valide e corrette, ma che forse dovremmo completare anche con una delle attività principali dei Gesuiti, quella cioè dell’insegnamento, come attestano i numerosi e prestigiosi Collegi sparsi nel mondo.
Quanto poi alle bellezze artistiche, chi vive a Roma ha il privilegio di poter visitare le due chiese dell’Ordine, capolavori del barocco, collocate entrambe nel Campo Marzio e a poca distanza l’una dall’altra. La volta del Baciccia alla chiesa del Gesù e quella di Andrea Pozzo SJ a sant’Ignazio sono due delle massime attrattive di ogni tour che si rispetti, nel cuore di Roma.
Siamo ancora troppo distanti dalla sensibilità diffusa del grande pubblico? Pensate che in fondo l’arte non appartenga che ai cultori della materia o ai turisti che appositamente vengano a Roma per visitarne le bellezze?
Allora immaginate che questo Ignazio, spagnolo di nascita vissuto alla metà del Cinquecento, somigli un po' al Robert De Niro del film Mission (1986) del regista Roland Joffé, di cui certamente tutti ricordiamo la splendida colonna sonora scritta da Ennio Morricone.
Come il Rodrigo Mendoza del film, anche Ignazio ebbe due vite in una: la prima dedita al mestiere del soldato e incline alla dissolutezza dei costumi e la seconda di rigenerazione spirituale e redenzione.
Nella scena della “penitenza” imposta a Rodrigo dal gesuita missionario Padre Gabriel (Geremy Irons), cioè la risalita delle Cascate dell'Iguazú al confine tra Argentina, Brasile e Paraguay, trascinando in una grossa rete le pesanti armature da guerriero, c’è tutta la forza del desiderio di cambiare radicalmente la propria esistenza e trasformarla in un miracolo di bellezza e di amore per il prossimo, anche a costo di morire.
Che è esattamente quello che accadde a Ignazio di Loyola.