In mezzo scorre il fiume
(sale 3 - 4)
L’immagine di Roma tra Sei e Ottocento è tramandata dalle numerose vedute della città, che spesso utilizzano identici punti di vista, inquadrando scorci di grande suggestione ed immediata riconoscibilità.
La presenza di imponenti resti dell’Antichità classica costituisce un fattore discriminante nella scelta dei pittori e, al tempo stesso, identifica in modo inequivocabile il luogo.
Come le grandi piazze prospicienti le basiliche cristiane, a cominciare da piazza San Pietro, o gli obelischi che guidano lo sguardo del viaggiatore attraverso la non facile orografia dei sette colli. E naturalmente il fiume, che rappresenta la principale via di comunicazione e di trasporto delle merci a Roma, grazie al porto di Ripa Grande e al più piccolo porto di Ripetta. Il Tevere è parte integrante del volto di Roma, della sua bellezza, ma è anche espressione tangibile della sua fragilità di città esposta a frequenti piene e alluvioni. Soltanto con la costruzione dei muraglioni di contenimento, dopo il 1870, il fiume non sarà più una minaccia, ma il volto della città cambierà per sempre.
Ciò che soprattutto stupisce, guardando le vedute di Roma, è la vastità delle zone inabitate rispetto a quelle monumentali del centro storico. Fino alla fine dell’Ottocento Roma, usando un ossimoro, può definirsi una ‘città di campagna’: il fascino della rovina antica di cui la natura si riappropria è uno dei grandi temi del vedutismo tra XVIII e XIX secolo, mentre il paesaggio subito fuori le mura aureliane è caratterizzato dalla fuga di arcate degli acquedotti romani.
Il progressivo ampliamento dell’area urbana e la nascita delle periferie nel Novecento trasformeranno infine la città in una metropoli moderna.
Willem Van Nieulandt (Anversa 1584 - Amsterdam 1635)
Jean Lemaire (Dammartin-en-Goële 1597 - Gaillon 1659)
Jan Miel (Anversa 1599 - Torino 1663)
Viviano Codazzi (Bergamo 1604 environ - Roma 1670)
Paolo Anesi (Roma 1697-1773) - Paolo Monaldi (Roma 1704-1780)