Guardando e riguardando
Roma, 6 febbraio 2019
Ci sono luoghi in cui tornare. I Musei dovrebbero essere sempre fra questi.
Ma non per una semplice (e un po’ scontata) questione di rispetto e considerazione per il patrimonio culturale: non basta di per sé a motivare una scelta, se questa vuole essere dettata dal cuore e non soltanto dalla mente.
Perché solo le scelte veramente sentite nel nostro profondo sono in grado di muoverci, anche a distanza di anni e a dispetto delle più grandi difficoltà, verso le mete che agogniamo. E troppo spesso non diamo ascolto a queste nostre richieste inespresse, magari per paura di scoprirci diversi da come ci mostriamo all’esterno.
Non sono parole complicate, pensateci un attimo.
Quante volte ci è capitato di accorgerci di particolari a prima vista sfuggiti, nell’incontrare una persona nel tempo? Quanto ci mettiamo a scoprire i dettagli di un volto e i difetti o i pregi di una persona? La stessa cosa accade per un quadro, una scultura, un’opera d’arte insomma, alla quale ci si accosti dapprima distrattamente o svogliatamente e poi, con il passare del tempo, con una sensibilità di volta in volta cambiata, come noi cambiamo nel trascorrere degli anni e nell’avvicendarsi delle esperienze di vita.
Notiamo le cose che il nostro animo è in grado di registrare. Le notiamo quando sono per noi visibili, perché sentiamo che la loro presenza non ci ferisce, né ci spaventa.
Per questo è bello andare nei Musei, ma ancor più bello tornarci a distanza di mesi o anni, per ritrovare pezzi della nostra vita interiore e provare a metterli insieme.