Luci e ombre

Roma, 6 giugno 2018

Se c’è una cosa che aiuta il visitatore di una mostra a procedere sala dopo sala senza annoiarsi, quasi non sentendo la fatica di muoversi e osservare, è aiutarlo a comprendere come si sia sviluppata la creatività dell’artista ed il suo stile nel tempo.

Canaletto (1697-1768) Capriccio con rovine 1723 olio su tela, cm 178 x 322 Svizzera, Collezione privata

In questo senso la mostra Canaletto 1697-1768 è davvero ineccepibile. Dalla prima all’ultima tappa del percorso espositivo, chiunque è in grado di cogliere immediatamente l’evoluzione del pittore nel tempo, scoprendo particolari che ‘guidano’ l’occhio e ci spiegano la storia.
Così proprio all’inizio della mostra, nella seconda sala, si vede chiaramente cosa significhi il termine “capriccio” utilizzato per identificare un particolare genere pittorico, tra la veduta reale e la fantasia più fervida.
Di “capricci” si parlerà domani - sempre alle 17:00 nelle sale al primo piano di Palazzo Braschi - come di un tema centrale nella formulazione del linguaggio canalettiano, in stretta relazione con le matrici scenografiche della sua formazione presso il padre, tra Venezia e Roma.
Basterà osservare quell’uso marcato delle luci, come in un proscenio, a calibrare il ‘peso’ delle rovine antiche in contesti liberamente ricreati e pieni di ‘citazioni’ architettoniche da contesti geografici diversi, per comprendere le matrici estetiche di Canaletto e scoprire poi, quando e perché il suo stile cambia e diventa la veduta di Venezia che tutti conosciamo.
Non perdetevi questo nuovo incontro!