Un mitico 'doppio'
Roma, 16 ottobre 2019
Castore e Polluce, i Dioscuri nati dall’unione di Zeus e Leda, compivano le loro gesta sempre insieme. Fra le tante e note imprese loro attribuite, quella che meglio spiega il profondo legame che li univa si riferisce al rapimento delle due figlie di Leucippo, re di Messenia, già promesse spose di Ida e Linceo, figli dell’eroe messeno Afareo.
Stando alla versione più comune del mito, dopo l’uccisione di Castore ad opera di Linceo, Polluce - non riuscendo a sopravvivere alla morte del fratello - avrebbe rinunciato anche alla propria immortalità pur di ricongiungersi a lui. Allora Zeus, per porre fine a questo dolore, stabilì che si alternassero nella vita e nella morte, trascorrendo a turno un giorno sulla terra e l’altro nelle tenebre.
Questa reciprocità è evidente nello sguardo che si rivolgono le due monumentali teste di Dioscuri (conservate all’ Accademia di Belle Arti di Ravenna) presenti nella mostra.
La grandezza di questi due gessi è significativa di quell’ammirazione per gli antichi colossi che nutriva Canova, spingendolo (come egli stesso ha affermato) a recarsi sul Monte Cavallo (attuale colle del Quirinale) per osservarli prima del sorgere del sole, in modo tale che la visione delle forme non risultasse alterata dalla luce.
"Questa mattina
andiedi di buon’ora
a disegnare a
Monte Cavallo,
quando poi il sole
diede nelle statue
ritornai a casa." (A. Canova)
Ammirazione che nel Maestro si risolve in ispirazione, non emulazione, dell’Antichità; come dimostrano anche altre opere di Canova qui esposte, quali ad esempio l’Autoritratto all’inizio della mostra (in collezione del Museo di Roma) di dimensioni eccezionali.
John Staples ci ha confidato di essere rimasto davvero affascinato dall’imponenza delle due teste e dal modo in cui si guardano i due fratelli "mitici", e voi?
(Confidatelo a John: https://www.facebook.com/john.staples.7186)