Gente romana. Aristocratici, popolani e viaggiatori nella Roma dell'800

Immagine: 
Gioacchino Altobelli, Gruppo di canottieri del Tevere Remo, 1875 ca., albumina
14/05 - 22/06/2003
Museo di Roma

La mostra "Gente romana" al Museo di Roma, curata da Diego Mormorio, si svolge nell'ambito del Festival Internazionale di Fotografia.
Come per l'edizione precedente, Fotografia 2003 tocca i luoghi principali e suggestivi della Roma storica e monumentale (Palazzo Braschi, Mercati di Traiano, Musei Capitolini, ecc.) e si dipana attraverso gallerie, istituti universitari e accademie.

Nelle sale del Museo di Roma sono esposte circa 50 antiche fotografie, conservate presso l’Archivio Fotografico Comunale, sul tema del ritratto ottocentesco. Con l’affermarsi della tecnica fotografica gradatamente il ritratto si definì come strumento di ripresa non solo delle classi elevate, ma anche dei ceti meno abbienti, prestandosi a documentare i riti sociali e gli stili di vita delle più varie comunità. I soggetti proposti riguardano immagini di popolani della campagna romana e di modelli in costume, le cui immagini si vendevano come souvenir o venivano utilizzate dai pittori per riproporle nei loro dipinti. Seguono poi le fotografie di gruppo di associazioni culturali o sportive, di nuclei familiari, di rappresentanze di comunità lavorative o di commemorazione di eventi i cui partecipanti, pur se accomunati dal mezzo e dalle modalità della ripresa, sono definiti nell’ ambito delle diverse sfere di appartenenza.

Dal catalogo della mostra (Milano, Motta ed.):

«Secondo la bella definizione del vaticanista e romanista Silvio Negro, Roma fu fino all’Ottocento una magnifica “metropoli paesana”, con orti e vigneti che assediavano le basiliche e le antiche rovine. Lo storico tedesco Ferdinand Gregorovius, che visse a Roma lungamente, a partire dal 1852, così descrive la città dell’ultimo periodo del papa re: “Essa era ancora impregnata del fascino malinconico del barbaro medioevo, e in quel fascino si aggiravano papi e cardinali come figure tradizionali e caratteristiche, mentre le rovine secolari, non del tutto ancora scavate, né ripulite in modo pedantesco, né incivilite con metodi archeologici, ricordavano nel loro abbandono pittoresco i tempi leggendari dei Mirabilia Urbis Romanae”. Solo quattro porte di Roma erano vicine all'abitato: Porta del Popolo a nord, Porta Angelica e Porta Cavalleggeri ai due lati del Vaticano, Porta Portese a Trastevere. Le altre si trovavano in aperta campagna. “Metà della città – diceva Jules Michelet - è un giardino abbandonato. Le vigne stanno sul Campidoglio al posto dei senatori. Il deserto comincia in Roma stessa”. Dei sette colli soltanto due erano veramente abitati. Tutto il Pincio, l'Esquilino, l'Aventino e il Palatino, nonché buona parte del Quirinale e del Viminale erano campi coltivati o ville patrizie. Il fiume scorreva, nel suo letto naturale, fra le case, e spesso inondava i quartieri che lo costeggiavano. Un via vai di barche e barconi si svolgeva tra i porti di Ripetta e Ripagrande. Il primo (che si trovava di fronte alla chiesa di san Rocco, in via di Ripetta, all'altezza dell'attuale via Tomacelli, che allora si chiamava del Macello ed era molto stretta) era un'incantevole scenografia creata da Alessandro Specchi all'inizio del Settecento, e vi approdavano le barche che scendevano dall'Umbria e dalla Sabina, cariche di vino, olio e carbone. A Ripagrande (che era di fronte al complesso del san Michele, la cui estremità occidentale s’affaccia su Porta Portese), giungevano invece i piroscafi e i velieri provenienti dal mare; c’erano la dogana, i grandi magazzini e l'arsenale. Questi due porti scomparvero, insieme alle case che si specchiavano sul fiume, con i lavori di costruzione dei muraglioni e dei lungotevere, realizzati, a partire dal 1876, per evitare le frequenti e gravi inondazioni della città. Lungo il Tevere erano attraccati molti mulini natanti, che furono spazzati via dalla disastrosa piena del 1870. Greggi di pecore e capre attraversavano il Corso e piazza di Spagna. I buoi stazionavano ai Fori e si abbeveravano alla fontana del Tritone, in piazza Barberini, che era già periferia e luogo di sosta dei barrocci. In questo scenario conviveva la più varia umanità, formata da romani de Roma e da tanti personaggi che, provenendo da diverse nazioni, avevano scelto di vivere nella città papalina, sentendosi in qualche modo romani.»

Diego Mormorio

Informazioni

Luogo
Museo di Roma
Tipo
Evento
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