Nebbia su Roma, 1847, olio su carta applicata su tela
Il piccolo dipinto raffigura una veduta di Roma avvolta nella nebbia nelle prime ore di una mattina invernale. In primo piano, velati dall’ ombra, sono le cupole di San Carlo al Corso e il profilo dei tetti e dei campanili della città, mentre nella zona centrale del dipinto, circondata dai vapori madreperlacei dell’atmosfera, si intravede la cupola di San Pietro. Le nuvole scure nel cielo ancora notturno, riempiono la metà superiore della composizione digradando in accordi cromatici attenuati verso il chiarore dell’orizzonte.
Tra le varie vedute di Roma dal Pincio realizzate da Caffi durante i lunghi soggiorni romani, questa occupa una posizione a sé; alla preoccupazione lineare e prospettica, ancora presente in molti dipinti, quale retaggio di una formazione accademica tardo canalettiana, si sostituisce, infatti, un’attenzione sinceramente “moderna” al fenomeno atmosferico, a cui si accompagna il gusto del “reportage” e della documentazione di ciò che è insolito, effimero o eccezionale.
Insieme ai vari notturni studiati dal vero, dove si intrecciano effetti di luce naturale e artificiale, e alle “cronache dipinte” sulla resistenza militare di Venezia, Caffi si appassionò allo studio di impressioni atmosferiche inedite registrandone l’esperienza in vari dipinti, per esempio, oltre al nostro, nell’ Eclissi totale di sole dell’8 luglio del 1842, alla quale assistette dalle Fondamenta Nuove di Venezia e nell’Effetto di nebbia sul campanile e sulla Piazza di San Marco. L’autore scrisse a proposito di quest’ultimo dipinto alcune considerazioni, estendibili anche agli altri della serie, che rivelano l’entusiasmo del pittore di fronte al manifestarsi di un’ impressione insolita, seppur momentanea, del reale: “ … l’effetto è singolare, sorprendente e non credibile per tutti quelli che non hanno studiato la verità nel suo tutto, o non fanno riflessioni che può fare quella cosa, quel sito, quando sono dipinti” (cfr. Avon Caffi, p. 51).
Questa attenzione agli effetti speciali lo portò, sempre nel 1847, a partecipare in prima persona alla famosa ascensione sul pallone aerostatico effettuata dal pilota francese Francesco Arban, che ebbe luogo a Roma in occasione di una tombola di beneficenza a Villa Borghese il 5 aprile.
Caffi avrebbe dovuto condividere l’eccezionale esperienza con il conterraneo pittore-fotografo Giacomo Caneva ma, a causa della scarsità del gas che non permetteva l’ascesa di più di due persone, non volle essere lui a farsi da parte ed impedì a Caneva di salire sul pallone rifiutandosi fermamente di cedergli il posto (cfr Le cronache inedite di Nicola Roncalli, in S. Negro, Caneva “pittore veneziano” precursore della fotografia a Roma, in “Strenna dei romanisti”, 1944, pp.153-157).
L’artista documentò “lo spettacolo indescrivibile della terra sotto posta” e “le delizie di un’estasi ignota” in tre dipinti con la visione dall’alto di Piazza di Siena – da cui era partito il volo – e della compagna romana.
Il dipinto, insieme a numerosi altri inventariati dal numero 5679 al 5695, è stato venduto al Comune di Roma dall’Avvocato Giuseppe Avon Caffi nel 1959.
Federica Pirani