In mezzo scorre il fiume
(sale 3 - 4)
L’immagine di Roma tra Sei e Ottocento è tramandata dalle numerose vedute della città, che spesso utilizzano identici punti di vista, inquadrando scorci di grande suggestione ed immediata riconoscibilità.
La presenza di imponenti resti dell’Antichità classica costituisce un fattore discriminante nella scelta dei pittori e, al tempo stesso, identifica in modo inequivocabile il luogo.
Come le grandi piazze prospicienti le basiliche cristiane, a cominciare da piazza San Pietro, o gli obelischi che guidano lo sguardo del viaggiatore attraverso la non facile orografia dei sette colli. E naturalmente il fiume, che rappresenta la principale via di comunicazione e di trasporto delle merci a Roma, grazie al porto di Ripa Grande e al più piccolo porto di Ripetta. Il Tevere è parte integrante del volto di Roma, della sua bellezza, ma è anche espressione tangibile della sua fragilità di città esposta a frequenti piene e alluvioni. Soltanto con la costruzione dei muraglioni di contenimento, dopo il 1870, il fiume non sarà più una minaccia, ma il volto della città cambierà per sempre.
Ciò che soprattutto stupisce, guardando le vedute di Roma, è la vastità delle zone inabitate rispetto a quelle monumentali del centro storico. Fino alla fine dell’Ottocento Roma, usando un ossimoro, può definirsi una ‘città di campagna’: il fascino della rovina antica di cui la natura si riappropria è uno dei grandi temi del vedutismo tra XVIII e XIX secolo, mentre il paesaggio subito fuori le mura aureliane è caratterizzato dalla fuga di arcate degli acquedotti romani.
Il progressivo ampliamento dell’area urbana e la nascita delle periferie nel Novecento trasformeranno infine la città in una metropoli moderna.
Ippolito Caffi (Belluno 1809 – Lissa 1866)
Matthias Withoos (attribuito) (Amersfoort 1627 - Hoorn 1703)
Johannes Lingelbach (Francoforte su Meno 1622 - Amsterdam 1674)
Gaspar Van Wittel (Amersfoort 1652 – Roma 1736)
Paolo Anesi attribuito (Roma 1697 – 1773)
Franz Ludwig Catel (Berlino 1778 - Roma 1856)